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Sembriamo dei Panda: Gazzelle live (at) Forum

Ieri ho visto il Forum con gli alberi in fiore: l’ultima volta che ho varcato i suoi cancelli l’inverno era alle porte, Calcutta mi attendeva sul palco, e stavo decidendo se mollare o meno il pompiere con cui mi frequentavo.

Quindi no, non mi ero vissuta serenissimamente quel concerto. Anche se lo aspettavo da anni.

Ieri è stato diverso. Ieri ho deciso di lasciare i miei problemi rinchiusi nel vagone del treno che mi ha portata a Milano, e godermi lo spettacolo di Gazzelle.

Classe ’89, Gazzelle (al secolo Flavio Pardini) mi è scoppiato dentro al cuore nel momento esatto in cui ho sentito Quella Te.

“Quella te, che mi sconvolge ancora il sabato mattina, con la felpa sporca della sera prima”

Ricordo ancora il brivido che mi è passato lungo la schiena. Raramente ero riuscita a sentire parole così semplici, vive, sincere, e ringrazio Dio (o chi per lui) per avermi fatto vivere la mia prima età adulta durante la rivoluzione indie.

Gazzelle è quell’artista che riesce a parlare con me di me, che sa come ci si sente a stare spalmati sul letto, devastati da non so quale male di vita. Chi ne sa più di me ha generato una nuova parola per etichettare questo tipo di musica: disagismo. Ma ora non è il momento migliore per approfondire questo tema: dopotutto siete qui per sentire il racconto di un concerto, non per sopportare l’ennesima filippica sull’indie italiano.

Ieri sera il Forum è tremato sotto più di quindicimila paia di scarpe: Converse, anfibi e Ugg sgualciti correvano su e giù per le gradinate in attesa di uno dei principi dell’indie. Reduce da Sanremo, Gazzelle è riuscito a mantenere la sua autenticità artistica, regalandoci un brano (Tutto Qui) che è perfetto per essere urlato tra un Destri e un IDEM.

Gazzelle sa molto di punk: ce lo ha dimostrato più volte, ma durante il live il tutto si è amplificato. Non a caso il concerto si è aperto proprio con Fottuta Canzone, per continuare con Però. Certo, siamo sempre nella cornice dell’indie, ma in Gazzelle le vibes del pop punk dei primi anni duemila sono amplificate, rendendo felici noi vecchi figli dei cd piratati dei Blink 182.

Ogni brano di Gazzelle è perfetto per essere cantato e urlato in un palazzetto. Sopra, Non lo dire a Nessuno, Zucchero Filato: è difficile trovare una canzone che non sia in grado di farci gridare in coro. Persino la sanremese Tutto Qui è così umanamente autobiografica che diventa impossibile non cantare con il nostro Flavio.

Gazzelle ha quell’atteggiamento tipico di chi, pur sapendo di avere un immenso talento, non riesce ancora a capacitarsi di essere arrivato a riempire forum, palazzetti e stadi. Dietro agli occhiali da sole e alla giacca Balenciaga (se ho sbagliato brand chiedo pubblicamente scusa) si nasconde ancora il ragazzo che suona per la capitale e cerca disperatamente un nome d’arte.

La grandezza di un artista, per me, risiede nel suo saper raccontare il mondo, nel suo rendersi specchio dei nostri sentimenti. Non sono il tipo di persona che rimane colpita dalle straordinarie doti canore o da particolari estensioni vocali (anzi, chi fa leva su questo a me sta pure un pochino sul cazzo), io ho bisogno di anima ed emozione.

Non mi servono elucubrazioni kafkiane, rime incatenate o melodie particolari: mi serve anima, mi serve sincerità, mi servono immagini immediate al limite del naive, mi serve sentire qualcuno capace di pensare e dire “sembriamo due panda, amore mio”

Ho bisogno di qualcuno che, quando canta di sé, riesce anche a raccontare un po’ di me. E Gazzelle, questo, lo sa fare davvero bene.

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